Pagina:Boccaccio - La Teseide di Giovanni Boccaccio nuovamente corretta sui testi a penna, 1831.djvu/128

Da Wikisource.
110 LA TESEIDE


59


Arcita, a cui niente avie lasciato
     La misera fortuna, bisognoso
     Ebbe i don di Teseo non poco a grato:
     E poscia con un atto assai pietoso,
     Piangendo, da Teseo prese commiato,
     E del palagio discese doglioso,
     Pensando al suo esilio, che ’l doveva
     Privar di veder ciò che gli piaceva.

60


Ma Palemon vedendo queste cose
     Quasi nel cor moriva di dolore
     Per la fortuna sua, che più noiose
     Cose serbava al suo misero core,
     E pel compagno suo, al qual gioiose
     Credea novelle del comune amore:
     E quasi prese nuova gelosia
     Di quel che ancora non avea in balia

61


Esso fu rimenato alla prigione,
     E Peritoo se ne gì con Arcita,
     E disse: caro amico e compagnone,
     La voglia di Teseo tu l’hai udita;
     Benchè ’l tempo sia duro e la stagione,
     E’ si pur vuol pensar della partita:
     Ben me ne pesa, e sappi, s’i’ potessi,
     Non vorrei mai da me ti dividessi.