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134 LA TESEIDE


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A me non legne, nè fuoco nè incenso,
     Non degno armento alla tua deitate,
     Non lauree corone ed or pur censo
     Mi fosse a soddisfar necessitate;
     E quinci vien che con giusto compenso
     Non son da me le tue are onorate:
     E tu tel vedi, che di ciò ingannare
     Non ti potrei perch’io ’l volessi fare.

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Di lagrime, di affanni e di sospiri,
     D’ogni infortunio e povertate intera
     Son io fornito, e ancor di disiri
     D’amor, vie più che bisogno non m’era:
     Di questo a te, che l’universo giri,
     Vo sagrifizio con nuova maniera:
     Prendigli per accetti, i’ te ne priego,
     Ed al mio domandar non metter niego.

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Siccome te alcuna volta Amore
     Costrinse il chiaro cielo abbandonare,
     E lungo Anfriso in forma di pastore
     Del grande Admeto gli armenti guardare,
     Così or me il possente signore
     Qui in Atene ha fatto ritornare,
     Contra al mandato che mi fe’ Teseo
     Allora ch’a Peritoo mi rendeo.