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166 LA TESEIDE


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Forse le cose avranno mutamento,
     E potremo tornare in nostro stato,
     Ed io partirmi, e tu esser contento,
     Come fui io da Teseo ricettato;
     E così alleggiarsi il tuo tormento,
     O quell’amor mancar che m’ha infiammato;
     E solo Emilia a te si rimarrebbe,
     Ch’essere in questo punto non potrebbe.

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Palemon più di ciò non volle udire,
     Anzi gli disse tosto: vedi, Arcita,
     Se io dovessi qui oggi morire,
     Tra noi conviene ch’ella sia partita:
     Chi me’ saprà della spada ferire,
     A lui rimanga e la donna e la vita;
     Se tu mi fai per forza ricredente,
     Mai più non l’amerò veracemente.

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Deh, disse Arcita, questo a dir che viene?
     Pognam che tu quiritta m’abbi morto,
     Che farai tu? avrai tu minor pene?
     Che ben te ne verrà, o che conforto?
     Io pur conosco ch’egli ti convene
     In prigion ritornare, o pel più corto
     Caramin che tu potrai fuggirten via:
     Emilia poi che utile ti fia?