Pagina:Boccaccio - La Teseide di Giovanni Boccaccio nuovamente corretta sui testi a penna, 1831.djvu/21

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ALLA FIAMMETTA 3

infelicissimo mi ritrovo, siccome voi volete, di tanto solamente appagato, che torre non mi potete ch’io non mi tenga pur vostro, e ch’io non v’ami; postochè voi per vostro mi rifiutate, e il mio amarvi forse più gravezza che piacere riputiate: e tanto mi hanno, oltre a questo, le cose traverse di conoscimento lasciato, che io sento che per umiltà ben servendo ogni durezza si vince, e merita uomo guiderdone. La qual cosa non so se a me averrà; ma come che seguire me ne debbia, nè da sè mi vedrà diviso umiltade, nè fedele servire stanco giammai. E acciocchè l’opera sia verissimo testimonio alle parole, ricordandomi che già ne’ dì più felici che lunghi io vi sentii vaga d’udire, e talvolta di leggere e una e altra storia, e massimamente le amorose, siccome quella che tutta ardeva nel fuoco nel quale io ardo (e questo forse faciavate, acciocchè i tediosi tempi con ozio non fossono cagione di pensieri più nocevoli); come volonteroso servidore, il quale non solamente il comandamento aspetta del suo maggiore, ma quello, operando quelle cose che piacciono, previene: trovata una antichissima storia, e al più delle genti non manifesta, bella sì per la materia della quale parla, che è d’amore, e sì per coloro de’ quali dice che nobili giovani furono e di real sangue discesi, in latino volgare e in rima acciocchè più dilettasse, e massimamente a voi, che già con sommo titolo le mie rime esaltaste, con quella sollecitudine che conceduta mi fu dell’altre più gravi, desiderando di piacervi, ho ridotta. E ch’ella da me per voi sia compilata, due cose fra le altre il manifestano. L’una si è, che ciò