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LIBRO SETTIMO | 239 |
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E se i fati pur m’hanno riservata
A giunonica legge sottostare,
Tu mi dei certo aver per iscusata,
Nè dei però gli miei preghi schifare;
Tu vedi che ad altrui son soggiogata,
E quel ch’ei piace a me convien di fare;
Dunque m’aita, e li miei preghi ascolta,
S’i’ ne son degna, Dea, a questa volta.
84
Coloro, i qua’ per me ne’ ferri aguti
Doman, non savi, s’avvilupperanno,
Caramente ti prego che gli aiuti:
E’ pianti miei, li qua’ d’ogni lor danno
Per merito d’amor sarien renduti,
Ti prego cessi, e facci il loro affanno
Volgere in dolce pace, o in altra cosa
Ch’alla lor fama sia più grazïosa.
85
E se gl’Iddii fors’hanno già disposto
Con eterna parola che e’ sia
Da lor seguito ciò ch’hanno proposto,
Fa’ che e’ venga nelle braccia mia
Colui a cui più col voler m’accosto,
E che con più fermezza mi disia:
Che io nol so in me stessa nomare,
Tanto ciascun piacevole mi pare.