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240 | LA TESEIDE |
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E basti all’altro la vergogna sola,
Senz’altro danno, d’avermi perduta:
E, se lecita mi è questa parola,
Fa’ che da me, o Dea, sia conosciuta
In queste fiamme, il cui incenso vola
Alla tua deità, da cui tenuta
Sarò, che per Arcita ci si pone
L’una, e l’altra poi per Palemone.
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Almen s’adatterà l’anima trista
A men sospir, per la parte perdente,
E più leggiera sosterrà la vista,
Quando ’l vedrò del teatro fuggente:
E la mia volontà, che ora è mista,
Dell’una parte si farà parente;
L’altra con più forte animo fuggire
Vedrà, sapendo ciò che de’ avvenire.
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I fuochi ardevan mentre ella pregava,
Dando soave odor nel tempio adorno,
Ne’ quali Emilia tuttora mirava,
Quasi per quelli, senza alcun soggiorno,
Veder dovesse ciò che disiava:
Quando di Diana il cor l’apparve intorno
Infaretrato, e disse: giovinetta,
Tosto vedrai ciò che per te si aspetta.