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262 | LA TESEIDE |
5
D’armi, di corni, nacchere e trombette,
Di boci messe da popoli strani,
Il qual dicon che ’n Corinto s’udette,
Tanto nel ciel si dilatar sovrani:
Ciascuno uccello di volar ristette,
E temer tutti gli animai silvani;
E qualunque era quivi non venuto
Pensò parte del ciel fosse caduto.
6
E qual là dove Pachin da Peloro
Tronchi si trovan per li venti avversi
Gli alti marosi, per forza tra loro
Romponsi e bianchi ritornan di persi;
Sì giunsonsi le schiere di costoro,
Con più veloci corsi, e più perversi,
Che d’alto monte per subita piova
Rabbioso il rivo il pian letto ritrova.
7
Così adunque le schiere animose
Li gran destrieri urtaron con gli sproni,
Senza aver lance co’ petti focose
Insieme si fedir co’ buon roncioni:
La polver alta tutti gli nascose
In un nuvol: di sè e degli arcioni
Usciron molti allor, che non montaro
Più a caval, nè quindi si levaro.