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292 | LA TESEIDE |
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E sempre in sè dimorava dubbiosa
Non colui fosse Arcita o Palemone:
E con voce soave assai pietosa
Dava agl’iddii divota orazïone:
Ciò che vedeva o udiva noiosa
Nell’animo le dava mutazione,
E tutta impalidita nell’aspetto
Che ella non foss’essa avria l’uom detto.
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Questa con seco talora dicea:
Oimè, Amor, quant’hai male operato!
I’ non ti vidi, e non ti conoscea,
Nè costor similmente in alcun lato;
Nè per lor venni, nè data dovea
Esser a loro, e non l’avea pensato
Teseo giammai: ma tu e la fortuna
A tal m’avete recata qui una.
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E se tu pur volevi il tuo ardore
In altrui porre per la mia bellezza,
Potevil fare, e con lieto colore
Addomandarmi far da sua grandezza:
Perocchè io non son di tal valore,
Che per me si convenga ogni prodezza
Mostrar che posson molti: oimè amara!
Che da vender non fui cotanto cara.