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358 LA TESEIDE


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O bello Arcita mio, senza ragione
     Or foss’io morta il dì che in questo mondo
     Venni, poi ti doveva esser cagione
     Di morte, e torti di stato giocondo:
     Donde giammai sentir consolazione
     Non credo in me, ma sempre di profondo
     Cor mi dorrò dopo la tua partita,
     Se dietro a te rimango, caro Arcita.

72


Ora conosco i dolorosi ardori
     Che oscuri mi mostrò l’altr’ier Diana:
     Or so qual fosser l’aure che di fuori
     N’uscir con vista e con voce profana,
     E quel che della fiamma li furori
     A me mostravan con mente non sana:
     Chè se allor conosciuti gli avessi,
     Non credo come stai, tu ora stessi.

73


Io mi sarei dolorosa parata
     A te allor ch’al teatro ne gisti,
     E di pietà e d’amor colorata
     Avrei voltati li tuoi passi tristi,
     E la dolente battaglia sturbata,
     Per la qual morte per me ora acquisti:
     Ma io non gli conobbi; anzi sperai
     Tutto ’l contrario di ciò che tu hai.