Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/192

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22 a m. pino de’ rossi

vecchiezza medesima lunga non sia. Ella ha pure estremo e ultimo termine, e a quella è vicina la morte la quale ogni mortal gravezza recide e porta via. Oltre a ciò, come il sangue a raffreddar si comincia, così le concupiscenze tutte a mitigar si cominciano; e temperato l’ardore dell’alte cose, dispiacciono senza dubbio meno le minori, le quali suole l’esilio ad altrui recare; ed universal regola è a’ consueti non far passione gli accidenti; e niun vecchio è, salvo se Quinto Metello non si eccettuasse, il quale per varie avversità non abbia già molte volte pianto, molte dolutosi, molte la morte desiderata: nelle quali cose essendo indurato, e callo avendo fatto, con molto meno di fatica le cose traverse vegnenti riceve e porta, che i giovani non farieno, ai quali ogni piccola cosa, siccome nuova, dispiace ed è gravosa.

Adunque poichè venir dovea questa turbazione, pietosamente ha con voi la fortuna operato, essendosi nella vostra vecchiezza indugiata; e perciocchè la vecchiezza per li consigli è reverenda, ne’ quali ella val più che alcun’altra età, la corpulenza ad essa congiunta aggiunge ad essa quella gravità, che forse l’età ancora non avrebbe recata. Voi non avete a correre: sedendovi e riposandovi vede la mente le cose lontane, e con acuta intelligenza, di quelle, secondo l’ordine della ragione, dispone; e l’avere moltitudine di figliuoli in ogni stato è lieta e graziosa cosa; i quali Cornelia madre de’ Gracchi per sua somma ricchezza mostrò alla sua oste capuana. Chi dubita che risorgendo ancora in loro nella debita età lo spirito de’ loro passati, essi, vivendo voi, non vi sieno ancora