Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/213

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epistola 43

mente coperta, e di pochi e nebbiosi e aggravati bicchieri fornita; e di sotto alla tavola, in luogo di panca, era uno legnerello manco d’uno piè; credo nondimeno che questo fosse fatto avvedutamente, acciocchè accordante sul riposo di coloro che sedeano, colla letizia delle vivande agevolmente non si risolvessono in sonno, postochè nel focolare nullo fuoco avesse intorno, il fummo della cucina1 e il lezzo della vivanda occupava ogni cosa. Queste così fatte case reali e cotali tavole crederò, se tu vorrai, Cleopatra Egizia avere usate con Antonio suo.

Dopo queste cose, a brigata veniano di quinci e di quindi baroni: dico ghiottoni e manicatori, lusinghieri, mulattieri e ragazzi, cuochi e guatteri, e usando altro vocabolo, cani della corte e topi domestici, ottimi roditori di rilievi. Ora di qua ora di là discorrendo, con discordevole mugghiare di buoi riempievano tutta la casa; e quello che m’era gravissimo al vedere, e all’odorato, era, mentrechè le mezzine e i vasi da vino spesse volte quindi e quinci portavano, e alcune volte rompessono, il rotto suolo immollando, e la polvere e ’l vino co’ piedi in fango convertissono, di fetido odore riempievano l’aria del luogo. Oimè quante volte non in fastidio solamente, ma in vomito fu provocato lo stomaco! Dopo questo, il prefetto della reale casa, sucido, disorrevole, e non in abito discordante dalla casa, pochi e piccolini lumi portando in mano, gli occhi lacrimanti per lo


  1. I Mss: hanno il messo della vivanda: