Pagina:Boccaccio - Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio ridotto a vera lezione, 1834.djvu/301

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retta al filosofo che insegna non potersi servire insieme a moglie ed a studio; e perchè vorrai anche riparare co’ tuoi interessi al tempo nelle risse perduto, prenderò animo. Essendo che la sincerità di perfetta divozione domandi, che si ricorra in caso di bisogno a’ compagni ed amici senza vergogna di scuoprire a’ pietosi occhi loro le piaghe segrete, non picciol dono ti chiederò. Venutomi, non è gran tempo, casualmente alle mani il bellissimo libro, che le fraterne schiere e la guerra tebana in versi descrive, a competente prezzo il comprai; ma non potendolo intendere bene senza maestro, o senza note, mi ricordai della tua Tebaide, e mi proposi di chiedertela all’amichevole colla presente; ti prego dunque affettuosamente di volermela prestare sin che ne faccia brevemente ridurre le note nel libro mio, e poi te la rimanderò; lo che mentre sarà per me favore grandissimo, spero che ora non t’incomoderà. Servi dunque un amico desiderante di potersi impiegare per te; fa’ presto quel che vuoi fare perchè servizio lesto, servizio doppio. So che se ti fosse noto come tutte insieme ed in in solido mi tormentino Venere, Giunone, e Rannusia, mosso per ogni verso a pietà me l’invieresti senza ritardo; che più, non restami altro conforto, se non che, alla vista de’ miei lettori di Decretali sottraendomi, quasi infastidito da loro, cercare altri libri, e leggendoli, da pellegrino e non da ospite scorro qua e là nel castello;