Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
parte terza | 59 |
XV.
Già fuggit’era il vermiglio colore
Del viso bello, e magro divenuto,
In esso già si vedea il palidore,
E gli occhi indentro col mirare aguto;
E trasformato sì l’avea il dolore,
Ch’appena si saria riconosciuto
A quel ch’esser solea, prima che preso
XVI.
Sì gran dolore il padre ne portava,
Che raccontar non lo potrei giammai;
E con parole spesso il confortava,
Dicendo: figliuol mio, dimmi, che hai?
E quale è quella cosa che ti grava?
Ch’i’ ti prometto che, se mel dirai,
Pur che sia cosa che possibil sia,
XVII.
E s’ell’è cosa che non si potesse
Aver per forza o per ingegno umano,
Provvederem s’altra cosa ci avesse
A cacciar via questo pensier villano,
Acciocchè tanta noia non ti desse,
E che tu torni com’esser suoi sano;
E non può esser che qualche consiglio
Io non ti doni, o caro e dolce figlio.