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58 | ninfale fiesolano |
XII.
Già padre e madre e tutt’altre faccende
Gli uscian di mente senza averne cura,
Nè più a niuna cosa non attende,
Lasciandole menare alla ventura:
Ma ogni suo pensiero in quella spende
La qual’il tiene in tal prigione scura,
E solo in lei ha posto ogni sua speme,
XIII.
E se quando poteva in alcun loco,
Che veduto non fosse, ritrovarsi,
Quivi sfogando l’amoroso foco,
Dolendosi d’amor, poneva a starsi:
E sol questo era suo sollazzo e giuoco,
Quando potea con agio lamentarsi,
E ricordare i casi intervenuti
XIV.
Continuando adunque in tal lamento
Affrico, ognor crescendogli la pena,
E già sì stanco l’aveva il tormento,
Ch’avea perduta la forza e la lena:
Vivea contra sua voglia mal contento,
E già sì stretto l’avea la catena
D’amor, che quasi punto non mangiava,
E più di giorno in giorno lo stremava.