Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. I, 1948 – BEIC 1771083.djvu/275

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anco in noi il comun difetto di quegl’ ingegni ambiziosi e leggieri, che salendo ne’ pubblici pulpiti, coi loro nuovi e curiosi concetti piú si affaticano di altrui mostrare la bellezza degl’ ingegni propri, che con materie utili e con dottrine sode voglino giovar a quelli che ascoltano. Perché per trar dal fango de’ vizi il genere umano, nel quale bruttamente egli è caduto, a che proposito nel petto degli uomini si deve far la manifattura tanto pericolosa del finestrellino che ha consigliato Talete? E per qual cagione dobbiamo noi intraprendere l’ impresa laboriosissima di dividere il mondo in parti uguali, che ha proposta Solone? E il partito ricordato da Chilone di sbandir dal mondo l’oro e l’argento, quello di Pittaco di forzar gli uomini a camminar per la strada del merito e della virtú, e l’ultimo di Biante di volere che si alzino monti e che si rendino piú scoscesi di quello che gli ha fabbbricati la natura, e che per l’avvenire si esternimi dal mondo il miracolo della navigazione, la qual sola ha fatto conoscere alle genti quanta sia l’altezza dell’ ingegno umano, non sono eglino concetti sofístici e affatto chimerosi? La considerazione maggiore che devono avere i riformatori nostri pari, come so che sapete tutti, è che il rimedio che altri vuol applicare al male de’ vizi che si devono estirpar dal mondo, sia facile ad essere posto in atto pratico : che presto, secretamente e senza strepito faccia l’effetto suo, e che con animo allegro sia accettato da quelli che devono esser riformati ; ché con operar diversamente da questi precetti eh’ io dico anzi si difforma che si riformi il mondo. E certo con molta ragione; poiché sommamente biasimato sarebbe quel medico, che all’ infermo ordinasse medicamento impossibile ad essere posto in uso e che piú del male travagliasse l’ infermo. Quindi è che debito strettissimo de’ riformatori, prima che scoprire la piaga de’ vizi altrui, è di provedersi della sicura ricetta per medicarla; essendo degno di severo castigo quel chirurgo che prima apre la vena dell’ infermo, e poi corre per la casa cercando le pezze per fasciarla: perché non solo somma imprudenza, nía empietá grande è con la pubblicazione de’ vizi altrui infamar gli uomini e mostrare al mondo che i mali sono cresciuti a tal colmo, che opra umana piú non