Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/101

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solo perché dal senato era stato conosciuto per meritevole. Non solo ammise il Castiglione la giustificazione della serenissima Libertá veneziana, ma infinitamente lodò la circonspezione e la severitá, ch’ella usava in punir la sua nobiltá in caso di demerito.

Appresso poi disse il censore al duca di Savoia, che, il suo Stato essendo posto nei confini della Francia e dell’Italia, egli con grandissima diligenza era necessitato coltivar la neutralitá tra quei prencipi coi quali egli confinava; ma che in questi ultimi rumori di Francia essendosi egli apertamente scoperto tutto spagnuolo, non solo il suo, ma in grave travaglio aveva posto gli Stati dei prencipi tutti italiani, e che, mentre egli con il mantice delle sue forze aveva soffiato nel fuoco delle sollevazioni francesi, acceso dall’ambizione spagnuola, doveva credere che quella fiamma prima era per abbrugiar gli amici e i parenti, che gli altri potentati italiani nemici. Al censore prontamente rispose il Ducato di Savoia, che l’aderenza che l’ultimo suo duca aveva avuta con li Spagnuoli era vera, ma che l’occasione bellissima ch’egli ebbe di tre sette in mano l’aveva violentato a far del resto, sperando d’accozzar la piú famosa primiera che giammai nel gioco delle carte facesse qualsivoglia altro prencipe: al qual rischio tanto piú volentieri s’era posto, quanto parea destino che nel gioco si perdessero quei denari, che nel gioco erano stati guadagnati. Che poi, se per la sua mala fortuna nella quarta carta che gli fu data gli era sopragiunta una figuraccia d’affronto, con la quale aveva fatto il piú vituperoso punto che si trovava in tutto il mazzo delle carte, che sapeva nondimeno che i galantuomini averebbono confessato che, sebbene la risoluzione fu molto pericolosa, che nemmeno essi, per non far torto alle carte, averebbono giuocato altrimente. Intese il censore la metafora e grandemente lodò la magnanima risoluzione di quel duca nato alle cose grandi, il quale, perché da una picciola febbre avrebbe potuto ricevere in dono l’imperio della maggior parte del mondo, non solo senza nota alcuna d’imprudenza, ma con sua gloria infinita, allora ch’egli tanto risolu