Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/100

Da Wikisource.

che quei che si dovevano gloriare d’esser lontani da quei pericoli, ai quali tanto è sottoposto chi obbedisce al capriccio d’un prencipe, fossero uditi dolersi d’esser strapazzati da molti tiranni. A queste cose rispose la serenissima Libertá veneziana, che il disordine raccontato dal censore era vero e pericoloso, ma che l’autoritá del commandare cosi era annessa alla superba insolenza, che ambedue parevano nate ad un parto; e che la soverchia licenza, che la nobiltá di tutte le aristocrazie sempre ha voluto esercitar sopra i cittadini, da tutti gli uomini grandi, che avevano ragionato delle republiche, era stata riputata cura disperata, perché, sebbene era cosa necessaria con le pene severe frenar il nobile insolente, dall’altro lato quanto piú era possibile dovevano le aristocrazie astenersi dai pubblici castighi degli uomini nobili, ancorché sediziosi : tutto affine di non discreditar con i vergognosi patiboli appresso i popoli quella nobiltá che, nelle mani avendo il governo dello Stato, per l’interesse grande della pubblica conservazione della libertá deve esser tenuta in somma riputazione; e che, sebbene nella sua Vinegia cosi spesso non si vedevano, come parevano che desiderassero molti, nella piazza di San Marco tra le due colonne puniti i nobili discoli e insolenti, che però dal Gran Consiglio, dal Pregadi, dal Collegio e dagli altri magistrati piú supremi, che dispensano i pubblici carichi, con i supplizi delle vergognose ripulse si facea crudelissimo macello di quei nobili sediziosi, che nella patria libera erano scoperti di aver animo tirannico; e che molti soggetti di case nobilissime si vedevano in Vinegia, a’ quali per i demeriti loro con gli archibugi caricati di palle di stracci era stata stroppiata la riputazione; e che per cosi fatte percosse essendo caduti in terra, mai piú erano potuti risorgere agli onori e alle dignitadi, cose nelle quali sta posta la vita degli uomini nobili delle aristocrazie; e che per dilaniar un corpo non altro piú tormentoso patibolo, anco dall’istesso Perillo, si poteva escogitare, di quello che prova un nobil veneziano, quando nella concorrenza dei carichi piú onorati si vede passar innanzi un soggetto piú giovane di lui,