Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/170

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Ghisa avendo intesa la risoluzione de’ pretori, corse subito a trovarli e disse loro: — Signori, che giustizia è questa? Si deve vituperar un par mio per aver avuto fine nobilissimo e grande nella vita mia? E chi è colui che voglia dir ch’io, che son laico e uomo non il piú devoto del mondo, abbia voluto solo per difender la religione cattolica pigliar in Francia le armi contro il mio re? Non sapevasi che il vero modo di levar l’eresie di Francia era abbassar l’orgoglio del duca di Ghisi e lasciar vivere la famiglia di Borbone in Francia in quella dignitá e grandezza che si conveniva a signori tanto grandi, nati dal sangue reale e piú prossimi alla successione di quel regno? Non credete voi ch’io sapessi che’l fine delli Spagnuoli in quella Lega Santa non era per assicurar la religione cattolica dall’eresie, perché, quando questa fosse stata l’intenzione degli Spagnuoli, non sono essi tanto ignoranti, che vogliano cavarsi la sete con mangiar il presciutto? Ma il fin loro era di cavar gli occhi al regno di Francia, che è l’Argo che invigila per la libertá d’Italia. Se dunque veniva fatto alli Spagnuoli di divider la Francia, chi meglio n’avea di me, che non solo vi guadagnavo la granducea di Bertagna, ma diventavo ancora genero del re di Spagna, se egli mi riusciva cosi uomo di parola nel mandarmi l’originale della sua figliuola, come fu diligente a mandarmi il ritratto; il quale non bisognava, perché le mogli grandi, che apportano di quelle buone cose ai mariti, piacciono ancorché siano senz’occhi e senza naso?

Dissero i signori pretori che il duca di Mercurio era indignissimo della scampanata, però ordinórno che fosse fatta alla nobiltá francese, la quale oltre la scampanata meritava ancora altra vergogna, |come] quella ch’aveva seguito il partito delli Spagnuoli, essendo cosa bruttissima che la nobiltá francese, che solea esser il specchio della fedeltá, ch’avendo passato i termini della devozione umana erano divenuti idolatri del loro re, fossero poi caduti nel vergognosissimo errore di una brutta infedeltá. Corsero dunque subito i suonatori a far la scampanata, ma la nobiltá s’oppose con l’armi, e fu a trovare