Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/180

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dell’avarizia, tanto propria di coloro che di poveri diventano ricchi, e che non può esser veduto esercitarsi tra le commoditá. Però io, a nome pubblico, con le lacrime nelli occhi, supplico da ora quelli che per mezzo di quest’arte conseguiranno ricchezze grandi, che, lasciando subito da parte l’ipocrisia, faccino i galantuomini, professino ingegno gioviale, vivano con la santissima regola del bene vivere et laetari, né voglino usar la crudeltá di tagliar le radici a tante piante novelle, che si vedono felicissimamente andar crescendo nella nostra congregazione, essendo somma impietá guastar quel mestiere alli posteri, per mezzo del quale essi sono arrivati a conseguir gl’intenti loro, e intorbidar l’acqua di quel fosso dove altri a sazietá ha bevuto.

Il terzo disordine, dal quale piú che da ogni altro dobbiamo riconoscere ogni nostro travaglio, nasce dalla poca circonspezione di noi stessi e da quella inavvertenza che per l’ordinario conduce alle forche gli ladri, li quali, cominciando a rubar con secretezza indicibile, a poco a poco si assicurano tanto, che pericolano alla fine: errore per certo gravissimo, cagionato dall’imprudenza d’ammetter nella nostra congregazione ogni sorte d’uomini, percioché, ricercando la professimi nostra ingegni accortissimi, che con un’isquisita simulazione faccino parer agli uomini santitá inimitabile la piú marcia ipocrisia, se accade che abbia per seguaci soggetti meccanici e grossolani, perde facilmente ogni buon concetto, poiché questi guastamestieri ne fanno ostentazione a carte scoperte, senza distinzion di luoghi, di tempo e di persone, onde non è meraviglia se siamo diventati la derisione delle genti. S’aggiunge a questo il bruttissimo inconveniente che commettono alcuni cervellucci squinternati di noi altri, i quali, per mostrarsi pieni di santo zelo avendo voluto esercitar l’ipocrisia, con una bestiai insolenza e arroganza l’hanno sopramodo resa odiosa appresso gli uomini.

Finisco il mio ragionaménto con questa principalissima avvertenza, la quale essendo stata per il passato poco osservata, desidererei che per l’avvenire fosse avuta in quella