Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/199

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in ognuno: — Son sicura — disse — o gran signore di Deio, che con la mia querela gravemente offenderò le benigne orecchie di Vostra Maestá, gli animi cortesi di tutti questi signori che mi odono. Io, di facoltosa che nacqui e vissi gran tempo, ora ridotta all’ultima miseria di tutte le cose alla vita umana piú necessarie, non gli stranieri, non gli amici, non i miei parenti, ma la mia carne, il mio sangue avanti questo giustissimo tribunale accuso di fiera e inaudita ingratitudine: mio figliuolo, o sire, il quale, vivendo in abbondanti ricchezze, con gli occhi asciutti, e piaccia a Dio che anche non sia con riso, può tolerare di veder me, sua madre, sepolta nella piú mendica povertá che giammai vivesse altra donna vivente. Io, o sire, da Vostra Maestá non chieggo vendetta di castigo contro mio figlio perché con ingratitudine piena di tanta inumanitá, se non per sua cara madre, per sua vii serva almeno mi voglia ricevere in sua casa, ma perdono a lui, pietá a questa grave etá mia, la quale, per l’infermitá che seco portano gli anni, non può vivere piú lungo tempo nelle miserie che è forzata di provare, ché non può sostentar la sua vita senza l’aiuto altrui ed è forzata ogni giorno di esperimentar quella caritá, che in questo secolo sopramcdo infelice tanto si vede spedita e sbandita dal cuor degli uomini anche grandemente favoriti da Dio di tutti i beni. — In quella udienza, numerosissima di persone quanto mai altra sia stata, uomo alcuno non si trovò che lo stato infelicissimo nel quale vedevano quella madre miserabile di vero cuore non lacrimasse; solo Apollo, ancorché per sua natura pietosissimo, con ammirazione d’ognuno punto non si commosse. Ma Seneca, conforme il costume di quei che buoni studiano di mostrarsi al mondo, per quella tanto orrenda querela mostrò in maniera di compungersi, che, levatosi in piedi: — Sire, — disse, — questo è uno di quei casi atroci, ne’ quali fa bisogno sentenziare col carnefice pronto e preparato alla esecuzione del castigo. — Taci, Seneca, — rispose allora Apollo — perché le lacrime de’ querelanti solo ne’ giudici poco accorti muovono la pietá; e sappi che rare volte accade che que’ [chej manca