Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/210

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tere nei magistrati, nei quali con quell’accorto conseglio s’era mantenuto, fargli piú rilevanti servigi di quei che averebbe potuto da lui aspettare nelle aperte dimostrazioni d’una continuata dependenza tanto ammirata dagli uomini sciocchi. Per questa sagace giustificazione del Tebaldeo soddisfattissimo rimase il figliuolo del prencipe di Tebe, operando...

11 figliuolo del prencipe di Negroponte, dopo aver fatto riverenza ad Apollo, disse che egli ancora, mentre visse il prencipe suo padre, alla grandezza de’ piú eminenti magistrati e governi avendo esaltato alcuni nobili di Negroponte amati teneramente da lui, ne’ suoi maggiori bisogni poi gli si erano scoperti affatto ingrati ; e che, sebbene egli aveva tanti soggetti beneficati che, quando la debita gratitudine si fosse trovata in essi, in mano tener si poteva la successione di quel principato, nondimeno dopo la morte di suo padre, per la loro crudel corrispondenza, nelle sue speranze s’era trovato bruttamente ingannato, percioché amico alcuno non ebbe che l’avesse a’ suoi desideri anche leggermente aiutato; che però, acciò che il castigo di quei perfidi a molti fosse esempio di sempre mostrarsi ricordevoli de’ benefici ricevuti verso i benefattori loro, era ricorso a quel giustissimo tribunale, al quale era forzato di far sapere che, quando coi castighi di ogni piú severa giustizia al vizio sceleratissimo dell’altrui ingratitudine non [si] fosse rimediato, con danno notabilissimo dell’ottimo governo de’ populi i prencipi suoi pari, per piú lungo tempo non essere col flagello di disgusti tanto insopportabili perpetuamente martirizzati, sarebbono stati astretti a rimanersi dall’uso lodevolissimo del beneficare gli uomini. Apollo per la querela di quel gran signore si perturbò grandemente [e] deplorò l’infelicissima condizione dei principati elettivi, nei quali molto piú che negli ereditari misurando gli uomini l’obbligo della fedeltá, il debito della gratitudine, il dovere dell’amicizia, col solo e vergognoso compasso dell’interesse presente, perpetuamente vi si vedeva il scelerato costume di amare solamente la felicitá, non la persona di chi domina; e che però altri non doveva meravigliarsi, se in pochissimi