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RAGGUAGLIO LXXXIV

Carlo duca di Borbone vien accusato di fellonia, ed ei si difende.

Carlo, duca di Borbone, prencipe del sangue reale di Francia, dopo aver tant’anni continui fatto gagliardissime istanze d’esser ammesso in Parnaso, pur finalmente il giovedí passato nel gran Conseglio de’ letterati dalla maggior parte de’ suffragi ottenne l’intento. La cagione di cosi lunga repulsa data ad un prencipe di nobiltá tanto insigne e di singularissimo ardire, è stata perché dubitavano molto che Carlo, tenuto per ingegno sedizioso e inquieto, fosse per travagliar in progresso di tempo la pace dello Stato di Apollo. Ma breve tempo durò il contento grandissimo che ebbe Borbone di esser giunto a godere quest’onoratissima stanza di Parnaso, percioché in pochi giorni s’avvide d’esser avuto in orrore da tutti i piú insigni prencipi e baroni di questa corte, dove veniva liberamente nominato rebelle alla sua patria, disleale al suo re; onde, per non esser piú mostrato a dito, fece risoluzione di ricorrere ad Apollo, al quale dimandò per grazia che con ogni sorte di diligenza e con ogni buon termine di giustizia rigorosissimamente fosse veduta la sua causa, e che, quando tribunale alcuno l’avesse dechiarato ribelle al suo re e alla nazion franzese, voleva constituirsi nelle forze del medesimo re Francesco primo, che si chiamava tanto offeso da lui, a fine di ricevere del suo fallo condegno castigo; e soggiunse Borbone in difesa della sua causa, che quel vassallo gli parea che meritasse l’infame nome di ribello, che per occupare lo Stato al suo signore, per migliorare la sua condizione o per vendicarsi di alcuna offesa ricevuta da esso gli armava contro: non quello che per difendere il suo impugnava l’armi, allora sempre degno di scusa che il prencipe, non come padre de’ sudditi e ministro della buona giustizia, ma con violenza di odio privato, come inimico crudele procede contro essi.