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SCRITTI MINORI

terre murate anticamente soggette alla corona, amatissimo da’ popoli, fertile, abitato e in tutto soggetto e pieno di uomini bellicosissimi.

Iacomo. — E de’ regni del re di Spagna voi non ne dite nulla ?

Traiano. — Poco conto si deve far di essi, consistendo il dominio di quelli nel benefizio di venti. Ma, tornando colá di dove io feci digressione, vi dico che Carlo non cosi tosto fu creato imperadore, che, sopportando malamente che all’imperadore fossero cosi legate le mani, prima pensò a ridur l’imperio a quella sua pristina grandezza e poi di far quella monarchia ereditaria e lasciarla con gli altri Stati al re Filippo, suo figliuolo.

Iacomo. — È verissimo, e mi raccordo aver letto questo particolarmente ne’ libri Della republica di Giovanni Bodino.

Traiano. — Fu palese a tutti i prencipi l’animo di quel imperadore. Ora — perché, a porre in esecuzione questo suo pensiero, facea mestiere prima abbassare alcuni elettori, che con gli Stati usurpati all’imperio si erano fatti grandi, e soggiogar alcune cittá, le quali si erano ribellate all’imperio e fatte franche, come Basilea e altre — il duca di Sassonia e altri, non conoscendosi uguali di forze all’ imperador Carlo, si unirono insieme e con la diversitá della religione si fortificarono contro lui, di maniera che, avendo essi bisogno di qualche predicatore famoso, che inventasse l’eresia [e] la persuadesse a’ popoli, trovarono Martino Lutero, uomo ambizioso e vassallo del duca di Sassonia, il quale la predicava di continuo: e con mostrar di crederla e con la spada di quei prencipi, che io ho detto, aiutandola, fecero si che il male in brevissimo tempo fece grandissimo progresso.

Iacomo. — Io ho sempre udito dire, che la cagione dell’eresie di Germania fu la vita libera della corte di Roma e alcune indulgenze, che furono pubblicate in quella provincia da papa Leone.

Traiano. —Signor no: pigliarono bene quella occasione, ma il fatto fu, che voleano quei prencipi farsi forti e gagliardi,