Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/371

Da Wikisource.

366

CARTEGGIO

XXIV

A Francesco II Gonzaga.

Serenissimo mio signore,

l’ultimo fine di chi manda gli scritti suoi alla stampa senza dubbio alcuno è il far acquisto della pubblica lode e con i suoi sudori comperar quella immortalitá al nome suo, per la quale gli uomini di genio onorato anco gli stenti piú insopportabili stimano soavissimi riposi. Questa ambizione tanto è onorata, che mi rendo certo che niuno con buona ragione potrá tassarmi che io, uomo di cosi oscuro nome, abbia ardito di presentare ad un prencipe della qualitá che è Vostra Altezza questi miei Ragguagli di Parnaso , perché, se bene sotto metafore e scherzi piacevoli, ragionandosi in essi dei piú scelti precetti morali e politici, che altrui servino per ben governar gli Stati, non ad altri piú convenientemente dovevo mostrarli che a Vostra Altezza, per chiaro testimonio di ognuno vero maestro di quest’arte. Perché, quando mi contentassi che solo fossero veduti dai miei pari, benissimo cognosco che commetterei lo sproposito di mostrar le pitture ai calzolai per aver da essi il giudizio sopra la finezza dei colori. Mi è anco lecito sperare, che Vostra Altezza non si recherá a sdegno che io, in un luogo di questi miei scritti, con la menzione che ho fatta delle sue ben avventurate nozze, abbia voluto illustrare le cose mie, perché è privilegio di chi scrive i.l poter a sua voglia franciare, trinare e raccamare la vii giubba delle proprie vigilie con l’oro, con le perle e con le gioie delle felicitadi dei prencipi grandi. Prosperi Iddio lungo tempo la persona di Vostra Altezza, alla quale facendo umilissima riverenza, devotamente bacio la mano.

Da Venezia, l’ultimo di ottobre 1612.

Di Vostra Altezza serenissima umilissimo e devotissimo servitore Traiano Boccalini.