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TRADUZIONI

do compito in tutte quelle scienze, le quali devono esser sapute da giovane nobile.

Trasone. — Gnaton mio, io tei dico col miglior senno che ho, che, se mi venisse fatto, glie ne attaccarci a quel eunuco.

Parmenone. — E colui, Taide, che vi fa questo picciol dono, non desidera che voi viviate a sola requisizione di lui e che, per amor di lui, scacciate gli altri vostri amici; nemmeno vi racconta le sue pruove, né vi mostra le cicatrici delle ferite ricevute alla guerra, né vi si contrapone, come fa un certo nostro Don Diego; ma, quando non vi sará noia, e allora che vi tornerá commodo, e quando vi piacerá, si terrá felicissimo che l’accettiate in un cantoncino della vostra casa.

Trasone. — Oh, come ben si conosce che costui serve un padrone fallitaccio e morto di fame!

Gnatone. — Credete voi che, s’egli avesse il modo di provvedersi di un altro servidore, si potesse veder dinnanzi questo valente lavaceci?

Parmenone. —Taci tu, ché ti ho per lo maggior furfante e ghiottone che calchi terreno. Non hai altro idolo che adular questo disgraziato, e sei cosi gran pacchione, che torresti il mangiar da mezzo le picche per empirti cotesta trippaccia.

Trasone. — Olá, e che si fa? Vogliamo noi partirci?

Taide. — Or, ora. Lasciate ch’io meni costoro in casa e che comandi loro che vi faccino alcune cose ch’io voglio, e poi subito uscirò fuori.

Trasone. — Io mi avvierò innanzi. Tu, Gnatone, aspetta Taide.

Parmenone. — Si, perché non istá bene che un Capitan Generale sia veduto andar per le strade con una puttana.

Trasone. — Non voglio dirti altro: tu sei tutto sputato in viso il tuo padrone.

Gnatone. — Ah, ah, ah! Ne gli avete pur attaccata gentilmente! Il briccone si è partito con tanto di naso. Ah, ah!

Trasone. — Di che ridi?