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TRADUZIONI

mi si ponea a seder accanto, e mi si dava in tutto mio potere, e con lunghi ragionamenti cercava intrattenermi. Finalmente, com’ella ebbe ben fornite certe sue novelle, usci a interrogarmi : quanto tempo era che mio padre e mia madre erano morti; io le rispondo che era un mondo d’anni; poi minutamente mi chiede che poderi io abbia a Sunio e quanto stieno lontani dal mare; io, quanto mi detta il mio poco giudizio, credo che gli devano piacere e perciò, avendovi fatto su suoi disegni, si crede potermegli cavar di mano. Ma quello che piú di qualsivoglia cosa mi fece star sopra di me fu che volea saper ancora quanto tempo sia ch’io perdei la mia picciola sorella e se alcun altro fu rubbato con esso lei, quant’anni ella potea aver allora e se si truova chi potesse riconoscerla. Non posso immaginarmi a che fine vadia costei ricercando queste cose, che non le toccano, se per avventura, con una sfacciatezza puttanesca, ella non volesse cercar di darmi a credere ch’ella sia quella mia sorella ch’io perdei fanciulla, la quale, se pur vive, non può aver piú di sedici anni, e Taide deve pur avere almeno un par d’anni piú di me. E pur oggi mi ha mandato a pregare, ch’io non manchi venir a lei per cosa di grande importanza. Io la voglio fornir certo con costei: o ella mi dica liberamente quello che vuole da me, o si stia per e’ fatti suoi, senza darmi fastidio, ché, per mia fé’, non vi tornerò la terza volta. Lasciami bussar la porta. Tic, toc, tic, toc. Olá, oh, di casa!

Pizia. — Chi è laggiú?

Cremete. — Son Cremete.

Pizia. — Oh, Cremete, speranzuccia mia ! Aspettate, ben mio, ch’or ora vengo a basso.

Cremete. — Le genti di casa delle puttane son tutta amorevolezza nella prima apparenza. Per mia fe’, che queste sciaurate me la vogliono attaccare, ma abbaieranno alla luna.

Pizia. — Or ora la mia padrona, uscendo di casa, mi disse che, se per caso foste venuto, le faceste grazia di dar di volta domani, sapete?

Cremete. — Domani, madonna mia, io vo in villa.