Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/422

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TRADUZIONI

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Pizia. — Di grazia, non mancate, perché vi ha da ragionare di una certa cosa di grandissima importanza.

Cremete. — Vi dico cosi, monna voi, che non posso.

Pizia. — Dunque aspettate qui in casa finch’ella torni.

Cremete. —-, Nemmeno questo mi torna comodo.

Pizia. — Perché, Cremete mio beliuccio? Uh, come siete scortese !

Cremete. — Fatti in lá, mala ventura: par che mi abbia tocco il fuoco di Santo Antonio.

Pizia. — Sentite dunque: poiché non vi piace né di tornare né di restare, fate lo favore di andar fin dove ella sta.

Cremete. — Son contento per amor vostro.

Pizia. — Doria, passa qua, presto. Corri e mena questo bel giovane a casa il Capitano.

SCENA QUARTA Antifo solo.

Antifo. — Ieri alquanti giovanetti convenimmo insieme nella fortezza di raccórre fra noi alcuni denari per far oggi una cena insieme, della quale demmo la cura a Cherea, e quei che non aveano denari addosso gli diedero gli anelli in pegno: ma l’ora che si ordinò alla cena è giá passata e nel luogo ove si dovea cenare non vi è cosa alcuna all’ordine e, quello ch’è peggio, l’uom dabbene di Cherea non si vede in nessun lato, né so che mi dire né che mi pensare di questa cosa. Ora gli altri miei compagni mi hanno dato questo carico di ritrovarlo, e però voglio prima vedere s’egli è in casa. Ma chi è colui che veggio uscir di casa diTaide? Certo che mi par desso. Egli è, in fede mia! Che figura di uomo ha egli presa? E che abito è quello ch’egli ha indosso? Che sciaura sará questa di lui? Non posso saziarmi di meravigliarmi, né meno mi so immaginare che voglia inferir questo cambiamento di panni. Voglio ascondermi qui, dietro questo canto, per udir quello che vogliono dire tante mutazioni.

T. Boccalini, Ragguagli di Parnaso - ni.

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