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TRADUZIONI

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Fedria. — Io, fratello mio dolcissimo, mi allegro di ogni vostra felicitá.

Cherea. — Non occorre che me ne facciate altro testimonio di parole: e io vi dico che nessuna cosa merita piú l’amor vostro di questa Taide, in modo tale ha preso a favorir noialtri; né io vidi donna piú accesa della bellezza di giovane alcuno, di quello ch’ella sia di cotesta vostra.

Gnatone. — Rinvitate, signor Capitano, or che avete la detta in favore: non udite voi che le buone nuove vengono a migliaia?

Trasone. — Non vi è piú redenzione al fatto mio: quanto piú si scema la speranza, tanto maggiormente cresce il desiderio. Io ti supplico, Gnatone, che tu non mi voglia abbandonare, poiché nel tuo aiuto sta fondata quella poca speranza che mi resta.

Gnatone. — Le cose son cosi disperate, che non saprei mai come aiutarvi.

Trasone.— Vedi almeno di ottener per l’amor d’iddio e, quando ciò non si possa, per danari, ch’io sia ricevuto in un cantoncino di quella casa.

Gnatone.— Non occorre pensarci piú.

Trasone. — Io ti conosco benissimo, Gnatone: non ti vien cosa per la fantasia, che tu non la facci bene. Vedi, se tu otterrai quanto ti ho detto, non avrai cosi presto aperta la bocca in chiedermi qualche dono, che l’otterrai dal tuo capitan Trasone.

Gnatone.—S ará poi cosi? Giurateci.

Trasone. — Cosi ti giuro a fe’, da quel gran capitano che sono.

Gnatone. —Adunque, se fo quanto desiderate, di giá vi chieggo che la vostra casa, la mattina e la sera, cosi di notte come di giorno, tanto quando vi sarete voi, quanto quando sarete fuori, sia sempre ad ogni mia requisizione aperta con la cucina, dispensa e cantina; con questo di piú, che, con tutto che io non vi sia invitato, sia nondimeno alla vostra tavola posta una posata per la mia persona.