Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/532

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spostare anche piú innanzi, fin verso il 1605, dal quale anno solamente si incomincia a cogliere con continuitá nelle pagine boccaliniane un’eco immediata degli eventi europei: ciò concorda con l’apparire d’una prima, esigua raccolta di ragguagli nell’avanzato 1607 e col fatto che a metá del 1609 — come si vedrá — essi non superavano probabilmente la cinquantina. Volendo rilevare qualche indizio piú preciso, si può notare che due sole scritture paion connettersi ad eventi piú remoti: il ragg. 11,87 al 1594 e il ragg. III,n al ’98(1), mentre 1,36 non è posteriore al 1605, III,3, 14, 18 e 30 al 1607, 1,78 al 1608, III,4 al 1609, 11,88 al maggio 1610, ma ciò non significa che debban ritenersi di gran lunga anteriori ai suddetti termini. Ecco per contro, dei ragguagli con data certa, che III,2, 13 e 35 son del 1606, 11,23 e III,20 del 1608, 111,33 e 4 ° del 1609, 1,3, III,i2, 73 e 75 del 1610 almeno. Ed ecco ancora che deve necessariamente assegnarsi a data posteriore al 1601 il ragg. 111,24, al 1603 111,25, al 1604 III,6 e 38, al 1605 111,45, al 1606 III,12 e 65, al 1607 II,21, 88 e 111,63 e 66, al 1608 111,27, al 1610 111,26. La concordanza dei dati è troppo costante per non considerare sincrone alle suddette pagine databili le molte altre che appaiono prive di riferimenti storici diretti e palesi.

Nati cosi nella piena maturitá dello scrittore ormai sulla soglia della cinquantina, i ragguagli si moltiplicarono, nei pochi anni di vita che la sorte ancora gli concesse, con una spontanea feconditá, un’estro, una vena fluentissima: in men d’un decennio assommarono quasi a 300. Ne’ primi tempi l’autore fu forse un po’ scettico nei riguardi dell’opera sua: non che dubitasse della vitalitá della propria satira, ma ben sentiva come il troppo tenue velo dell’allegoria mal difendesse i concetti alti e arditi, e abbandonandosi a quel gioco arduo, a quella scherma sottile, parve dapprima rassegnato a scrivere per pochi intimi — i protettori benevoli, gli amici fidati — e fu anzi preoccupato di mantener celate nello scrittoio quelle pagine troppo irte di aculei pungenti. Dopo averne dedicato — non direi inviato — un primo florilegio al re di Francia con la citata lettera dell’autunno 1607, ne trasceglieva altri 44 due anni dopo e li mandava, copiati di bella mano in un lindo codicetto, al suo nuovo, potente protettore, il Cardinal Scipione Caffa (1) Per l’individuazione degli indizi cronologici si vedano le annotazioni ai singoli ragguagli.