Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/534

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basi industriali consentiva lauti proventi agli autori di libri fortunati, e giá dovunque pullulavano infatti i poligrafi, i rafifazzonatori, i compilatori, i romanzieri, intesi a far gemere i torchi con l’occhio volto piuttosto al lucro che alla gloria. Del successo dei suoi Ragguagli il Boccalini non dubitò e fu buon profeta. Quanti li avevan potuti leggere a spizzico, manoscritti, dovevano concorrere unanimi nel tesserne l’elogio. Egli si diede dunque a preparare la vagheggiata edizione col procacciarsi i privilegi, che avrebbero dovuto difenderla dalle usuali contraffazioni; giá nel’io aveva chiesto, come si è visto, quello del Della Rovere; l’anno dopo pregò il Borghese di interporre i suoi buoni uffici per fargli avere quello del duca di Savoia (lett. XXJ, affermando di aver giá ottenuto le patenti della maggior parte dei principi italiani ; ma ancora nell’ottobre del 1612 andava postulando quello del Gonzaga (lett. XXIV) e non saprei con qual fondamento facesse notare sul frontespizio del finalmente apparso volume primo dell’opera, che questa era protetta «con privilegi di molti principi d’Italia e, fuor d’Italia, dalla Maestá Cristianissima», giungendo un anno piú tardi, sul volume secondo, a registrare i privilegi di «tutti i potentati d’Italia». Quanto al luogo di stampa, almeno dalla metá del 16x1 (lett. XX) aveva posto l’occhio su Venezia, la libera repubblica che ammirava come modello di ordinamenti civili e nella quale fioriva cosi rigogliosa l’industria libraria, con larga organizzazione di smercio per tutta l’Europa. D’altronde il Boccalini, lasciato il governo di Sassoferrato nello stesso 1611, era libero di sé, vedovo probabilmente, con le figliuole giá accasate e i due figli Rodolfo e Clemente ormai uomini fatti ed entrati entrambi in religione. La povertá l’avrebbe trattenuto, ma un generoso protettore, il card. Bonifacio Caetani, lo sovvenne d’un prestito — che fu*poi a fondo perduto — di 150 scudi, sicché egli potè da Roma trasferirsi a Venezia ed ivi attendere con relativa tranquillitá alla stampa del suo lavoro. Il libro fu composto cosi sotto i suoi occhi e riusci, per nitore e correttezza, opera pregevole, ch’ei poteva licenziare il 21 settembre 1612 con una sobria dedicatoria al card. Borghese. Il volume, di pp. 478 piú 60 nn. in 8°, reca il nome del tipografo Pietro Farri e contiene non giá cento ragguagli, ma cent’uno, per una svista che fece inserire dopè il ragg. 48 un ragguaglio che porta per la seconda volta il n. 47. Ebbe cura l’editore di inviarne subito copia in omaggio a sovrani e protettori, come ad esempio al Della Rovere con la lett. XXIII, al Gonzaga (cfr. lett. XXXII)

T. Boccalini, Ragguagli di Parnaso - ili.

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