Pagina:Boccalini, Traiano – Ragguagli di Parnaso e scritti minori, Vol. III, 1948 – BEIC 1772693.djvu/88

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e che con molta veritá potea dire in tutta l’etá sua non altra piú obscena ed esecranda azione aver veduta, di quella che fece l’imperadore Carlo V, allora che con il nobilissimo carico del governo del regno di Napoli premiò le crudeli sedizioni e le vergognose fellonie, che il Cardinal Pompeo Colonna usò verso il sommo pontefice Clemente VII. Interrogò allora monsignor Giovanni il conte, quanto tempo era che non avea praticato la corte romana; e rispondendogli egli che erano passati piú di settant’anni, gli replicò il Nunzio che vi tornasse ora, che trovarebbe che, per la copia grande dell’agresta che mangiarono i Pompei, i Fabrizi, i Prosperi e gli Ascanii della famiglia Colonna, i Virginii e gli altri baroni piú principali della casa Orsina, tanto si erano obstupefatti i denti dei nepoti e pronepoti loro, che nemmeno poteano masticar il brodo, mercé che i Papi, che al dito si legarono quelle esorbitanze, cosi eccellentemente aveano saputo praticare il precetto tarquiniano, che aveano ridotti i papaveri, alti giá come cipressi, all’umil bassezza delle viole nane.

A questa risposta si quietò il conte, il quale, rivoltatosi verso l’Impero romano, che secondo fu estratto dall’urna, gli disse che i presenti disordini, che non solo nel grandissimo patrimonio della casa d’Austria, ma in tutta la Germania si vedeano, assai scemavano la gloria del moderno imperador Ridolfo, e che sommamente desiderava che quella Maestá con maggior cura abbracciasse il governo di tanti suoi Stati, ricordandosi che i prencipi, rettori del genere umano, portano sopra le spalle il piú grave peso e hanno per le mani il piú laborioso negozio, che possa esercitarsi da qualsivoglia piú stentato zappaterra. Di questo avviso dall’Imperio romano molto fu ringraziato il censore, al quale con gravitá grande rispose, che era disgrazia commune a tutti i prencipi esser accusati di negligenza quando negli Stati loro nascevano scandali, ancorché notoriamente constasse che, per esser stati cagionati dalle macchinazioni de’ nemici troppo potenti, dall’ingegno di qualsivoglia diligente e accorto prencipe non poteano esser schivati ; che però ponea in considerazione ad