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rovina la vita e le facultá. E poiché opera tanto desiderata fu condotta al suo fine, i prencipi comandarono che alli diciotto del corrente fosse pubblicata; ma accadette che la sera delli dicessette i gabellieri, gli affittuali e i daziari si presentarono tutti avanti i prencipi loro, a’ quali dissero che quando avessero fatta pubblicar la prammatica che intendevano essere stata compilata, domandavano difalco alle gravi imposte che pagavano: percioché le maggiori rendite delle gabelle cavandosi tutte dalle sete che venivano di Napoli, dagli orifilati che erano portati da Firenze, da’ drappi pomposissimi che erano fabbricati in Milano e da altre delizie appartenenti al vestire e al viver degli uomini, che da paesi lontani erano portate, per quella prammatica le dogane infinitamente venivano a calar di prezzo. Tanto confusi per cosí fatto avviso rimasero i prencipi, che la mattina vegnente, allora che i deputati delle nazioni comparvero per ricever l’editto che dovea esser pubblicato, risposero loro che, avendo essi uditi i giusti richiami de’ loro daziari, meglio informati di tutto il negozio della prammatica, risolveano di non voler in modo alcuno difformar le cose proprie per riformar le altrui: che vedessero d’inventar qualche prammatica che non toccasse gl’interessi loro, che per la sviscerata caritá e per la patema dilezione ch’eglino aveano verso i loro fidelissimi vas-^ salii, avrebbono data loro ogni possibil soddisfazione: ma che il voler votare la borsa pubblica per empir la privata, era desiderio fraudolente e in tutto contrario a quella ben ordinata caritá, che stima azion crudele spolpar se stesso per ingrassar altri. Per cosí risoluta e interessata risposta molto sconsolate e afflitte si partirono quelle genti; e confessarono tutte che il sanar i disordini de’ popoli, allora che la medicina qualche poco offendeva gl’interessi delle pubbliche gabelle, erano cure disperate, cancheri immedicabili.