Pagina:Boccalini - Ragguagli di Parnaso I.djvu/28

Da Wikisource.

stranieri, che hanno tentato di por loro la catena della servitú al piede. Segui poi Giulio Cesare Scaligero, e disse che lo stupor grande della Libertá veneziana, quale di meraviglia empiva il mondo tutto, era che la stessa nobiltá che governava, non solo con animo pazientissimo pagava le gravezze antiche al pubblico erario, ma che con prontezza e facilitá incredibile contro se stessa spesso ne pubblicava delle nuove, le quali rigorosamente erano poi esatte dai publici riscuotitori ; e che molte volte si era veduto che i nobili veneziani negli urgenti bisogni della república, prima di aggravar con nuovi dazi i popoli loro, avevano posto mano alla borsa propria: e il tutto con tanta liberalitá e prontezza di animo sviscerato verso la pubblica libertá, che simil azione meritava di esser preposta a tutte le meraviglie che si notavano nella felicissima Libertá veneziana, come quella che chiaramente faceva conoscere ad ognuno ch’ella esquisitamente possedeva quella eccellente qualitá che rende le republiche eterne, di aver la sua nobiltá tanto svisceratamente innamorata del viver libero, che alla privata utilitá allegrissimamente preponeva i pubblici interessi. Poi disse Bernardo Tasso ch’egli lungo tempo era dimorato in Vinegia, dove di niuna altra cosa piú era rimaso meravigliato, che di veder quei nobili medesimi, che tanto si compiacevano de’ piaceri, delle delizie e dell’ozio, con tanta virtú di animo governar le cose pubbliche, che altrui sembravano e uomini di vita molto esemplare e signori nati alle perpetue fatiche. Dopo il parere del Tasso, Francesco Berni, come è suo costume, con piacevolezza che diede gusto alla serenissima Libertá veneziana, disse che la piú rara e mirabil cosa che gl’ingegni grandi dovevano ammirar nella república veneziana era che non solo le lagune, ma i canali tutti della cittá essendo pieni di granci, i senatori veneziani nondimeno ne pigliavano cosi pochi, che meritamente da tutte le nazioni erano stimati il sale della terra. Segui poi il Sabellico, e disse che, mentre egli scriveva l’istoria veneziana, diligentemente avendo osservato gli ottimi insti tuti di cosi prestante Libertá, niuna cosa piú ammirava in lei,