Pagina:Boccalini - Ragguagli di Parnaso I.djvu/323

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scordate mai che con facilitá maggiore precipita la potenza di colui che perde la buona grazia del suo prencipe, che non minano le case alle quali manchino le loro fondamenta. Però voi che seguitate le corti, imparate a conoscere che « nikil rerum mortalium tam instabile ac fluxum est, quam fama potentiae non sua vi nixae » (*). Documento certissimo, il quale ad ognuno insegna nell’amare, nell*onorare, nel perpetuamente con fede costantissima servire i prencipi suoi d’imitar il mio Lipsio: perché cosi come nelle cose sacre somma empietá è aver altro dio che quello che ha creato l’uomo, i cieli e la terra, cosi ne’ vostri cuori non altra divozion di prencipi dovete ammettere mai, non da altra persona dovete aspettare e desiderar \ vostri commodi, eccetto da quel signore che con la confidenza che ha nella vostra fede, con la straordinaria affezione che vi porta, al mondo tutto non suoi servidori ma cari amici vi fa conoscere, e con la suprema autoritá che vi lascia esercitar nel suo Stato, altrettanti prencipi, come egli è, vi fa parere a’ suoi vassalli. E perché la molta sagacitá de’ prencipi, per le gelosie grandi che si trovano in quelli che regnano, ordinariamente è accompagnata dal sospetto, e i favoriti di corte sempre essendo aggravati dall’invidia, sempre osservati dagli emuli, sempre perseguitati dai maligni, per felicemente superar tante difficultá e per sempre conservarvi nelle grandezze acquistate, con tutto il cuore amate i vostri prencipi, con tutta l’anima osservateli e con ogni possibil fede serviteli; e piú tosto che pur pensare, non che far cosa che porti anco leggier pericolo di scemar un’uncia della buona grazia loro, anzi, come ha fatto il mio Lipsio, eleggetevi il morire: e allora per certo tenete che cominci il vostro precipizio, che dalla fatai disgrazia vostra vi lasciate persuadere di poter migliorare la condizione della vostra servitú con usar co’ vostri prencipi — che tanto sanno, tanto veggono, tanto intendono e tanto conoscono, quanto piú non è possibil dire — la simulazione di parer quegli che altri non è, la falsitá di ridere e ingannare, (i) Tacito, libro 13 degli Annali.