Pagina:Boetie - Il contr'uno o Della servitù volontaria.djvu/63

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femminire i lor sudditi; ma vero è che quanto egli ordinò formalmente e di fatto, il più di essi lo procacciano sotto sotto. Ecco qual’è la natura della plebaglia, il cui numero è sempre più grande nelle città: la guarda con sospetto chi le vuol bene, chiude gli occhi e mette il capo in grembo a coloro che la ingannano. Crediate che non c’è niun uccello, il quale resti meglio alla pania, nè pesce all’amo, che meglio tutti i popoli non si accalappino di botto alla schiavitù, sol che una piccolissima piuma passi loro, come si dice, dinanzi la bocca: ed è cosa mirabile come tutti si lasciano andare tosto, sol ch’e’ si faccia loro un po’ di solletico; chè teatri, balli, commedie, spettacoli, forze di Ercole, animali rari, medaglie, quadri, e simili leccumi, furono agli antichi popoli il chiapperello della servitù, il prezzo di lor libertà, arnesi della tirannide. Tali usanze, tal modo, tali saporetti, godevano sotto il giogo gli antichi sudditi; e così i popoli rimmelensiti, parendo lor bello sì fatto passatempo, divertiti da un vano piacere che passava loro dinanzi agli occhi, si avvezzavano tanto mattamente a servire; e, che è peggio, i bambini, per vedere le ridenti carte de’ libri miniati, imparavano a leggere. I tiranni romani inventarono anche il gingillo di festeggiare le diecine pubbliche, gabbando, com’era naturale, quella gentaglia, la qual si lascia più che altro chiappare al gusto della gola; ed il più intelligente di tutti non avrebbe dato la sua scodella di broda per una libertà a uso repubblica di Platone. I tiranni facevano il generoso con una misura di grano, una di vino, e qualche sesterzio; ed allora bisognava sentire che Viva il re! Facevano stomaco. Non si accorgevano, i goccioloni! che e’ non facevano se non ricuperare una


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