Pagina:Boiardo - Orlando innamorato I.djvu/317

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[St. 19-22] libro i. canto xvii 307

         Guardando il cavalliero e sospirando,
     Disse: — Deh vanne a la tua via, barone!
     Chè qua non se ritrova il conte Orlando,
     Nè il suo cognato, che è figlio de Amone.1
     Noi altri facciamo assai alora quando2
     Tenemo campo ad un sol campïone;
     Niuno è più de uno omo, e sia chi il vuole:3
     Lascia pur dir, chè tutte son parole.

         Pàrtite in cortesia, chè già non voglio
     Che tu per mia cagion sia quivi gionto;
     Parte non hai di quel grave cordoglio
     Che me induce a morir, come io t’ho conto;
     Et io non posso mo, sì come io soglio,
     Renderti grazia, a questo estremo ponto,
     Del tuo bon core e de la tua proferta:
     Dio te la renda, et a chiunque il merta.

         Disse Ranaldo: — Orlando non son io,
     Ma pure io farò quel che aggio proferto;
     Nè per gloria lo faccio o per desio
     D’aver da te nè guidardon nè merto;4
     Ma sol perchè io cognosco, al parer mio,
     Che un par de amici al mondo tanto certo
     Nè ora se trova, nè mai se è trovato:
     S’io fossi il terzo, io me terria beato.

         Tu concedesti a lui la donna amata,
     E sei del tuo diletto al tutto privo;
     Egli ha per te sua vita impregionata,
     Or tu sei senza lui di viver schivo.
     Vostra amistate non fia mai lasciata,
     Ma sempre serò vosco, e morto e vivo;
     E se pur oggi aveti ambo a morire,5
     Voglio esser morto per vosco venire.

  1. T., Ml. e Mr. cognato.
  2. T., Ml. e P. assai far.
  3. P. omm. il.
  4. Ml., Mr, e P, Aver.
  5. Ml. per ogi.