308 |
orlando innamorato |
[St. 23-26] |
Mentre che ragionarno in tal maniera,
Una gran gente viddero apparire,
Che portano davanti una bandiera,
E due persone menano a morire.
Chi senza usbergo, chi senza gambiera,
Chi senza maglia si vedea venire,
Tutti ribaldi e gente da taverna;
E peggio in ponto è quel che li governa.
Era colui chiamato Rubicone,
Che avia ogni gamba più d’un trave grossa;
Seicento libre pesa quel poltrone,
Superbo, bestïale e di gran possa;
Nera la barba avea come un carbone,
Et a traverso al naso una percossa;1
Gli occhi avia rossi, e vedea sol con uno:
Mai sol nascente nol trovò digiuno.
Costui menava una donzella avante,
Incatenata sopra un palafreno,2
E un cavallier cortese nel sembiante,
Legato come lei, nè più nè meno.
Guarda Ranaldo al palafreno amblante,
E ben cognobbe quel baron sereno
Che la meschina è quella damisella
Che gli contò de Iroldo la novella;
Poi li fo tolta ne la selva ombrosa
Da quel centauro contrafatto e strano.
Lui più non guarda, e senza alcuna posa
De un salto si gettò su Rabicano.
Diciamo della gente dolorosa,
Che erano più de mille in su quel piano:
Come Ranaldo viddero apparire,
Per la più parte se derno al fuggire.3
- ↑ T. ha traverso; Ml. a traverso; Mr, atraverso.
- ↑ T. e Ml. sopra
- ↑ P. a fuggire.