Pagina:Boiardo - Orlando innamorato I.djvu/381

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[St. 19-22] libro i. canto xxi 371

         Menando le botte aspere e diverse,1
     Ranaldo, che aspettava, il tempo ha còlto;
     Però che, come Oberto se scoperse,
     Gionse Fusberta, e l’elmo ebbe disciolto.
     La barbuta e il guancial tutto li aperse,
     E crudelmente lo ferì nel volto;
     E fu il colpo sì fiero e smisurato,
     Che come morto lo distese al prato.

         Questo veggendo il franco re Adrïano,
     Che stava apparecchiato alla riscossa,
     Mosse a gran furia, correndo nel piano
     Con una lanza smisurata e grossa.
     Era senza asta il sir de Montealbano,
     Chè l’avea rotta alla prima percossa,
     Ma correndo ne vien col brando nudo;
     Il re Adrïano il gionse a mezo il scudo.

         La lancia ne andò al ciel, rotta a tronconi,
     Nè se mosse Ranaldo più che un sasso.
     Or ben vi sazo dir che e’ due ronzoni
     Non venian di galoppo nè di passo;
     Anci se urtarno insieme come troni,2
     Petto per petto, con molto fraccasso;
     Ma quel del re Adrïano andò per terra:
     Grifone incontinente il brando afferra.

         Non volse lancia il cavallier pregiato,
     E quasi ancor de andar se vergognava,
     Parendoli Ranaldo affaticato.
     Or, come io dissi, la spada pigliava;
     L’arme avea tutte e il destriero affatato,
     Nè d’altra cosa lui se dubitava,
     Salvo de non potersi indi partire
     Che non facesse Ranaldo morire.

  1. Ml. e Mr. aspre; P. lor le botte aspre.
  2. Mr. toni.