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372 orlando innamorato [St. 23-26]

         E dolcemente lo volea pregare
     Che li piacesse de lasciar la impresa.
     Disse Ranaldo a lui: Non predicare,
     Fuggi in mal’ora, o prendi tua diffesa.
     Quando Grifone intese quel parlare,
     La faccia li vampò di foco accesa,
     Et a lui disse: Io non soglio fuggire,
     Ma tua superbia ti farà morire.

         Compìto non avea queste parole,
     Che il principe il ferì con tal roina,
     Che veder non sapea se è luna, o sole,
     Nè se gli era da sera, o da matina.
     Ranaldo a lui diceva: Altro ce vole
     Che il destrier bianco e l’armatura fina
     A voler esser bon combattitore!
     Lena bisogna et animoso core.

         Quando Grifone intese con oltraggio
     Dal sir de Montealbano esser schernito,
     Turbato oltra misura nel coraggio
     Ferilli ad ambe man l’elmo forbito;
     E benchè a quel non facesse dannaggio,
     Chè era incantato, come avete odito,1
     Fu il colpo di tal furia e tal tempesta
     Che tutta quanta gli stordì la testa.

         Non pone indugia, che un altro li mena,
     Con più roina assai de quel primiero;
     Non sentì mai Ranaldo maggior pena,
     E tutto fraccassato avea il cimiero.
     — Io ti farò sentir se ho core e lena,
     E se altro vôlsi che un bianco destriero,
     Vil ribaldo, di strata rio ladrone!2
     Queste parole diceva Grifone.

  1. Ml. e Mr. Perchè era: P. Perch’è.
  2. P. ribaldel.