[St. 11-14] |
libro i. canto iv |
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Molto fu stupefatto il Saracino,
Come colui che ascolta cosa nova;
E, volto a Orlando, disse: Paladino,
Un’altra volta farem nostra prova.
Ma ben te giuro per Macon divino
Che alcun simile a te non se ritrova;
E se io te vinco, io non te mi nascondo,
Ardisco a dir ch’io sono il fior del mondo.
Or se parton de ’sieme i cavallieri;1
Orlando se dricciò verso Levante,
Chè tutto il suo disire e il suo pensieri
È di seguir de Angelica le piante;
Ma gran fatica li farà mestieri,
Perchè, come se tolse a lor davante2
La damigiella, per necromanzia
Portata fu, che alcun non la vedia.
Va Feraguto con molto ardimento
Per quella selva menando fracasso,
Chè ciascuna ora li parea ben cento
Di ritrovarse a fronte con Gradasso;
Però ne andava ratto come un vento.
Ma il ragionar di lui ora vi lasso,
E tornar voglio a Carlo imperatore,
Che della Spagna sente quel rumore.
Il suo consiglio fece radunare:
Fuvi Ranaldo ed ogni paladino;
E disse loro: Io odo ragionare,
Che, quando egli arde il muro a noi vicino,
De nostra casa debbiam dubitare.
Dico che, se Marsilio è saracino,
Ciò non attendo; egli è nostro cognato,
Ed ha vicino a Francia gionto il stato.
- ↑ T. de sieme; P. d’insieme.
- ↑ P. davante.