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[St. 31-34] | libro ii. canto vi | 107 |
31 Al quarto giorno fu maggior periglio,
Chè stato tal fortuna ancor non era,
Perchè una parte di quel gran naviglio
Condotta è sotto Monaco in rivera.
Quivi non vale aiuto nè consiglio;
Il vento e la tempesta ognior più fiera
Ne l’aspra rocca e nel cavato sasso
Batte a traverso e legni a gran fracasso.
32 Oltra di questo tutti e paesani,
Che cognobber l’armata saracina,
Cridando: - Adosso! adosso a questi cani! -
Callarno tutti quanti alla marina,
E ne’ navigli non molto lontani
Foco e gran pietre gettan con roina,
Dardi e sagette con pegola accesa;
Ma Rodamonte fa molta diffesa.
33 Nella sua nave alla prora davante
Sta quel superbo, e indosso ha l’armatura,
E sopra a lui piovean saette tante
E dardi e pietre grosse oltra a misura,
Che sol dal peso avrian morto un gigante;
Ma quel feroce, che è senza paura,
Vôl che ’l naviglio vada, o male o bene,
A dare in terra con le vele piene.
34 Aveano e suoi di lui tanto spavento,
Che ciascaduno a gran furia se mosse,
Ed ogni nave al suo comandamento
Sopra alla spiagia alla prora percosse.
Traeva Mezodì terribil vento
Con spessa pioggia e con grandine grosse;
Altro non se ode che nave strusire
Ed alti cridi e pianti da morire.
6. P. tfmpeàta i. — 8. T. Battea travertb. — 12. P. Sce$ero furiati a la. 29. P. a Mezzodì. — 80. P. grandini. — 82. MI. e Mr. j>ioN(t'; P. pianti di.