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orlando innamorato |
[St. 35-38] |
Di qua, di là, per l’acqua quei pagani
Con l’arme indosso son per anegare,
E gettan frezze e dardi in colpi vani;
Mai non li lascia quella unda fermare.
In terra stanno armati e’ paesani,
Nè li concedon ponto a vicinare,1
E di Monico uscì, che più non tarda,
Conte Arcimbaldo e la gente lombarda.
Questo Arcimbaldo è conte di Cremona,
E del re Desiderio egli era figlio;
Gagliardo a meraviglia di persona,
Scaltrito, e della guerra ha bon consiglio.
Costui la rocca a Monico abandona2
Sopra un destrier coperto di vermiglio,
E con gran gente calla alla riviera,
Ove apizzata è la battaglia fiera.
A Monico il suo patre l’ha mandato,
Ch’è sopra alle confine di Provenza,
Perchè intenda le cose in ogni lato,
E dàlli avviso in ciascuna occorrenza.
Il re dentro a Savona era fermato,
Dov’ha condutta tutta sua potenza
Con bella gente per terra e per mare,
Chè ad Agramante il passo vol vetare.3
Ora Arcimbaldo con molti guerrieri,
Come io vi dico, sopra al mar discese,
E fie’ tre schiere de’ suoi cavallieri,
E sopra al litto aperto le distese.
Esso con soi pedoni e ballestrieri
Andò in soccorso a questi del paese,
Dove è battaglia orribile e diversa,
Benchè l’armata sia rotta e somersa.
- ↑ T., Ml. e Mr. a vicinare.
- ↑ Ml. a monichi; Mr. al monacho.
- ↑ T., Ml. e Mr. omm. ad.