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[St. 35-38] | libro ii. canto vii | 125 |
35 Fu profondato quivi il fio de Amone,
Come di sopra odesti raccontare,
E seco Iroldo e l’altro compagnone,
Che ancor mi fa pietate a ricordare;
Nè dopo molto vi gionse Dudone,
Il qual venìa questi altri a ricercare,
Chè comandato li avea Carlo Mano
Che trovi Orlando e il sir de Montealbano.
36 Caminando il baron senza paura,
Cercato ha quasi il mondo tutto quanto;
E, come volse la mala ventura,
Gionse a quel lago fatto per incanto,
Ove Aridano, orrenda creatura,
Cotanta gente avea condutta in pianto,
Perchè ogni cavalliero e damigella
Getta nel lago la persona fella.
37 Così fu preso e nel lago gettato
Dudone il franco, e non vi ebbe diffesa,
Perchè Aridano in tal modo è fatato,
Che ciascadun che avea seco contesa,
Sei volte era di forza superchiato,
Onde veniva ogni persona presa;
Perchè, se alcun baron ha ben possanza,
E lui sei tanta di poter lo avanza.
38 Tanta fortezza avea quel disperato
Che, come spesso se potea vedere,
Natava per quel lago tutto armato,
E tornava dal fondo a suo piacere;
E quando alcuno avesse profondato,
Giù se callava senz’altro temere,
E poi, notando per quella acqua scura,
Di lor portava a soma l’armatura.
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