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126 | orlando innamorato | [St. 39-42] |
39 E tanto era superbo ed arrogante,
Che delle gente occise e da lui prese
L’arme che avea spogliate tutte quante
A sè d’intorno le tenea suspese;
Ma a tutte l’altre se vedea davante,
Sopra a un cipresso bene alto e palese,
La sopravesta e l’arme de Ranaldo,
Che avea spogliato il saracin ribaldo.
40 Or, come io dissi, in su questa riviera
Ne gionge il conte caminando a piede,
E Falerina sempre a canto gli era;
Ma quando quella dama il ponte vede,
Tutta se turba e cangia ne la ciera,
Biastemando Macone e chi li crede;
Poi dice: - Cavallier, con duol amaro
Tutti siam morti, e più non c’è riparo.
41 Questo voluto ha il perfido Apollino
(Così poss’el cader dal celo al basso!)
Che ce ha guidato per questo camino,
Per roïnarce a quel dolente passo.
Or, perchè intendi, quivi è un malandrino
Che già robbava ogniomo a gran fraccasso,
Crudele, omicidiale ed inumano,
E fu il suo nome, ed è ancora, Aridano.
42 Ma non avea possanza e non ardire,
Chè è de rio sangue e de gesta villana;
Or tanto è forte, e il perchè ti vo’ dire,
Chè cosa non fu mai cotanto strana.
Dentro a quel lago che vedi apparire,
Stavi una fata, che ha nome Morgana,
Qual per mala arte fabricò già un corno,
Che avria disfatto il mondo tutto intorno.
10. MI. Giongea; P. Giungeva. — l.ò. MI. ditnl; T. dolo. — 17. P. ha voluto il. — 23. P. micùìiale. — 31. P. Che.