[St. 31-34] |
libro ii. canto viii |
141 |
Cominciò incontinente un terremoto,
Scotendo intorno con molto rumore.1
Mugiava in ogni lato il sasso voto:
Odita non fu mai voce maggiore.
Fermosse il conte stabile et immoto,
Come colui che fu senza terrore:
Ecco il carbone al ziglio torna in cima,
E rende il lume adorno come in prima.
Orlando per pigliarlo torna ancora,
Ma, come a ponto con la mano il tocca,
Lo arcier che è a lato al re, senza dimora
Una saetta d’oro a l’arco scocca;
E durò il terremoto più d’un’ora,
Squassando con rumor tutta la rocca;
Poi cessò al tutto, e il bel lume vermiglio
Tornò come era avanti, in cima al ziglio.
Or fa pensiero il bon conte de Anglante
Avere al tutto quella pietra fina.
Trasse a sè il scudo e quel pose davante2
Ove l’arciero il suo colpo destina;
Poi prese il bel carbone, e ’n quello istante3
Gionse la frizza al scudo con roina,
Ma non puote passarlo il colpo vano:
Via ne va Orlando col carbone in mano.
E come lo guidava la fortuna,
Non prese a dextra mano il suo vïaggio,
Che serìa uscito de la grotta bruna
Salendo sempre suso, il baron saggio.
Là gioso ove non splende sol, nè luna,
Nè se può ritornar senza dannaggio,
Callava il conte, verso la pregione
Ove Ranaldo stava con Dudone.
- ↑ T. Scottendo; Ml. Scotendo.
- ↑ P. Trasse lo.
- ↑ P. e ’n quest’ist.