[St. 11-14] |
libro ii. canto ix |
153 |
La dama, come fuor di sentimento,
Nulla risponde, et anco non lo ascolta;1
Il conte, a lei voltato in mal talento,
Gli mena un pugno alla sinestra golta.
Ma, come gionto avesse a mezo il vento,
O ver nel fumo, o nella nebbia folta,
Via passò il pugno per mezo la testa
De un lato ad altro, e cosa non l’arresta.2
Et a lei nôce quel colpo nïente,
E sempre intorno il suo flagello mena.
Ben se stupisce il conte nella mente,
E ciò veggendo, non lo crede apena.
Ma pur, sendo battuto e de ira ardente,
Radoppia pugni e calci con più lena;
Qua sua possanza e forza nulla vale,
Come pistasse l’acqua nel mortale.
Poi che bon pezzo ha combattuto in vano
Con quella dama che una ombra sembrava,
Lasciolla al fine il cavallier soprano,
Chè tuttavia Morgana se ne andava,
Onde prese a seguirla a mano a mano.
Ora quest’altra già non dimorava,
Ma col flagello intorno lo ribuffa,
E lui se volta, e pur a lei s’azuffa.3
Ma, come l’altra volta, il franco conte
Toccar non puote quella cosa vana,
Onde lasciolla ancora, e per il monte
Se puose al tutto a seguitar Morgana;4
Ma sempre dietro con oltraggio et onte
Forte lo batte la dama villana.
Il conte, che ha provato il fatto a pieno,
Più non se volta e va rodendo il freno.
- ↑ P. e dagli un’altra volta.
- ↑ P. all’altro.
- ↑ Ml. e T. e pure allei.
- ↑ T. e Ml. pose.