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[St. 3-6] | libro ii. canto xxii | 365 |
3 Lascia a Parnaso quella verde pianta,
Chè de salirvi ormai perso è il camino,
E meco al basso questa istoria canta
Del re Agramante, il forte saracino,
Qual per suo orgoglio e suo valor si vanta
Pigliar re Carlo ed ogni paladino.
D’arme ha già il mare e la terra coperta:
Trentaduo re son dentro da Biserta.
4 E poi che ritrovato è quel Rugiero,
Qual di franchezza e di beltate è il fiore,
L’un più che l’altro a quel passaggio è fiero:
Non fu veduto mai tanto furore.
Or ben se guardi Carlo lo imperiero,
Chè adosso se gli scarca un gran romore;
Contar vi voglio il nome e la possanza
Di ciascadun che vôl passar in Franza.
5 Venuto è il primo insin de Libicana,
Re Dudrinaso, che è quasi un gigante:
Tutta senz’arme è sua gente villana,
Ricciuta e negra dal capo alle piante;
Ma lui cavalca sopra ad una alfana,
Armato bene è di dietro e davante,
E porta al paramento e sopra al scudo
In campo rosso un fanciulletto nudo.
6 E Sorridano è gionto per secondo,
Qual signoreggia tutta la Esperia;
Cotanto è in là, che quasi è fuor del mondo,
Ed è pur negra ancor la sua zinia.
Rossi ambi gli occhi e il viso furibondo
Costui che io dico e i labri grossi avia;
Sotto ha una alfana, sì come il primiero.
Or viene il terzo, che è spietato e fiero:
16. MI., Mr. e P. che. — 28. T., MI. e P. ancor.