[St. 43-46] |
libro ii. canto xxiii |
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Colse il ronzone a quella spalla stanca,
E sconciamente l’ebbe innaverato;
Per questo ad Oliviero il cor non manca,
Mena a due mano il suo brando affilato;1
Gionse a Grandonio quella anima franca
Sopra del scudo, e tutto l’ha spezzato,
Nè piastra integra al forte usbergo lassa:
Tutte le speza e dentro al petto passa.2
Come io ve dico, ove gionse Altachiera,
Non lascia a quello usbergo piastra sana;
Spezza ogni cosa quella spada fiera,
E ’l fianco aperse più de una gran spana.
Ciascadun de essi a tristo partito era,
Spargendo il sangue in su la terra piana,
Nè per ciò l’uno a l’altro dava loco,
Et ogni colpo accresce legne al foco.
Cresce lo assalto dispietato e fiero,
E ben de l’arme sentirno il polvino;
Ma da altra parte il bon danese Ogiero
Per tutto il campo caccia Malgarino,
E di suo scampo non ve era mestiero,
Se non vi fosse agionto Serpentino,
Quel dalla Stella, il giovanetto adorno,
Che avea fatate l’arme tutte intorno.
Come fu gionto, e vidde che il Danese
Condotto ha Malgarino a mal partito,
Sopra de Ogiero un gran colpo distese
Dal lato manco in su l’elmo forbito,
Quale era grosso e ponto nol diffese,
Perchè aspramente al capo l’ha ferito.
Volta il Danese a lui, forte adirato:
Bene ha di che, sì come io vi ho contato.
- ↑ Mr. mane; Ml. e P. mani.
- ↑ Mr. dentro il.