Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
[St. 11-14] | libro ii. canto xxviii | 467 |
11 Però che nel scontrar di quei baroni
Sino alla resta se fiaccarno, in tanto
Che non eran tre palmi e lor tronconi,
Nè più che prima se donarno il vanto
De alcun vantaggio e forti campïoni,
E l’uno e l’altro è sangue tutto quanto;
E, come e lor destrier sian senza freno,
Ne andâr correndo un miglio, o poco meno.
12 Due lancie fece il re portare al prato,
Che avea il tempio de Amone, antiquo deo,
E, sì come da vecchi era contato,
Di Ercole l’uno, e l’altra fo de Anteo.
Bene era ciascun tronco smisurato:
Ognuna a sei bastasi portar feo;
Vedise adunque aperto in questo loco
Che la natura manca a poco a poco,
13 Se questi antiqui fôr tanto robusti,
Che avean forza per sei de quei moderni;
Ma non so se gli autor fosser ben giusti,
E scrivesseno il vero a’ lor quaderni.
Or son portati al campo e duo gran fusti;
E guarda pur, se vôi: tu non discerni
Qual sia più forte, chè senza divaro
Di vena e di grossezza son al paro.
14 A Brandimarte fu dato la eletta:
Ciò volse il re Agramante per suo onore.
Ben vi so dir che ogniomo intorno aspetta
Veder che abbia più lena e più vigore.
Ma, mentre che ciascun di lor se assetta,
Di verso al fiume se ode un gran romore.
Fugge la gente trista e sbigottita:
Tutti venian cridando: - Aita! aita! -
10. MI. CJiavia al tempo de Amon. — 12. MI. e Mr. Hereule. — 90. MI, e M"", Cht-. $criveMino. — 3S. MI. chabia ; T, e Mr, che ÌMb,
à