[St. 43-46] |
libro ii. canto xxviii |
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Poi l’altro giorno, come è loro usanza,
Una gran festa se ebbe ad ordinare,
E venne Fiordelisa in quella danza,1
Chè Brandimarte e lei fece invitare.
Tre son vestiti ad una somiglianza,
Chè tal divisa altrui non può portare;
Brandimarte e Agramante con Rugiero2
D’azurro e d’or indosso hanno il quartiero.
Standosi in festa et ecco un tamburino
Vien giù del catafalco a gran stramaccio.
Per tutto traboccava quel meschino,
Chè ogni festuca gli donava impaccio,
O che la colpa fosse il troppo vino,
O che di sua natura fosse paccio;
Ma sopra al tribunal ove è Agramante,
Pur se conduce e a lui se pone avante.3
Il re, credendo de esso aver diletto,
Lo recevette con faccia ridente;
Ma, come quello è gionto al suo cospetto,
Batte la mano e mostrase dolente,
E diceva: Macon sia maledetto,
E la Fortuna trista e miscredente,
Qual non riguarda cui faccia segnore,
Et obedir conviensi a chi è peggiore!
Costui de Africa tutta è incoronato,
La terza parte del mondo possiede,
Et ha cotanto popolo adunato
Che spaventar la terra e il cel si crede.
Or ne lo odor de algalia e di moscato
Tra belle dame il delicato siede,
Nè se cura de guerra, o de altro inciampo,
Pur che se dica che sua gente è in campo.
- ↑ P. a quella.
- ↑ T. e Mr. omm. e; Ml. E Brandimarte Agr.
- ↑ P. condusse — T., Ml. e Mr. omm. e.